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Duomo di Milano

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Tacciano i poeti
Le lire strofe
Le algide rime 
Le silvane atmosfere da boschi fasulli
E i priapici versi per imenee muse di carta. 
Tacciano i poeti. 
Depongano carte e penna 
E tocchino con mano la pietra fredda
Del Duomo, si spauriscano i pensieri 
Tra le guglie che acchiappano nuvole, 
Vaghi la fantasia tra le mille e una statua. 
Guarda, vittoriosa c’è una Nike su tutte dorata. 
Prendimi la mano, 
intreccia le tue dita alle mie.
Carne calda, sottile l’osso, 
Felice ossessione di occhi a mandorla
E capelli di corvo. 
Di te scriverò ancora, non mai. 
Schiocca nell’aria una lattina di Monster,
Gratta la gola,
Accende la mente. 
Dalle ragazze di strada
Arriverà il Canto Novo, 
Dai vagabondi di stelle 
Nativi digitali di indiane riserve. 
Prendo nota e compongo. 
Un po’ di caffeina, una penna 
E vi riscrivo il mondo. 
Tacciono i poeti. Ascoltano e già 
Tra loro ridono. Ma non sanno: 
Loro sono morti. Io sono vivo. 
 


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 Arcangelo Galante - 29/02/2020 14:53:00 [ leggi altri commenti di Arcangelo Galante » ]

Interessante pubblicazione, giacché mostra un riflessivo confronto sull’opera ammirata dall’autore, ispiratrice di considerazioni valide, inerenti la bellezza “poetica” ed architettonica, suscitata dalla struttura religiosa, decorata di guglie colme di statue sacre e variopinte vetrate.
Inoltre, si attiva un continuo movimento umano, attorno al gioiello centrale, alto simbolo artistico, della città stessa.
E l’accostamento del passato e del presente, in cui l’attualità, rappresentata dalle sculture poste sulla cattedrale, si affianca ad un luogo imponente che resiste da secoli, dimostra quanto esso sia custode dei segreti del tempo, per le sensibili anime, come quella dello scrivente, che le sanno ancora apprezzare.
Sinceri complimenti!

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